Il 2024 sarà comunque da ricordare per il rugby azzurro, ma una vittoria certificherebbe un nuovo standing per la nazionale
Sette partite. Tre vittorie, tre sconfitte, un pareggio. L’ottava gara, alle 7:05 di domenica 21 luglio contro il Giappone, sposta l’equilibrio perfetto del 2024 dell’Italia.
In caso di vittoria quella che è una stagione già di per sé memorabile e da file si chiuderebbe con una ciliegina sulla torta che investirebbe pienamente gli Azzurri del raggiungimento di uno standing diverso rispetto a quello con il quale sono usciti dalla Rugby World Cup 2023.
Se infatti la vittoria dell’Australia non minaccia l’ottavo posto nel rating anche in caso di sconfitta, permettendo alla nazionale maschile di rimanere aggrappata al proprio gradino della classifica, una vittoria contro il Giappone testimonierebbe che l’Italia non si è seduta al tavolo delle migliori squadre al mondo, ma è divenuta una contender credibile su base stabile.
Altre squadre con lo stesso standing come il medesimo Giappone, le Fiji e, in misura minore, la Georgia hanno avuto in passato il loro momento di apice che ha permesso loro di ottenere risultati straordinari, ma sono state fiammate che sono rapidamente bruciate. Andando più indietro lo stesso è capitato alla Romania degli Anni Novanta, advert esempio.
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Sarebbe una vittoria, quella contro i Courageous Blossoms, che renderebbe più quadrata la formazione azzurra. Le conferirebbe spalle più larghe.
Ottenerla non è banale. Il Giappone è una squadra temibile ma alla portata degli Azzurri, però il contesto cambia le cose: si gioca a Sapporo dopo tre settimane di tour dove “quando non ci stavamo allenando eravamo su un aereo”, come da parole di Gonzalo Quesada; si gioca a 32 gradi in uno stadio con il tetto chiuso, dopo una settimana di allenamento dove le temperature a Tokyo sono state tra i 36 e i 38 gradi; si gioca contro una squadra che vuole tremendamente una vittoria contro una squadra che in questo momento le è davanti nelle gerarchie globali ed è abituata alle condizioni in cui si disputerà la partita.
Dopo la vittoria contro i Maori All Blacks di qualche settimana fa nel gran caldo di Toyota, Eddie Jones ha ghignato davanti ai media neozelandesi: “Sì, noi ci abbiamo fatto il callo. Un nostro giocatore ha avuto i crampi per tre ore dopo una seduta di allenamento da quanto si period disidratato.”
Per evitare di passare il pomeriggio a rincorrere l’ombra dei fiori di ciliegio (okay, fioriscono in un’altra stagione, ma facciamo che ci siamo capiti), gli Azzurri hanno bisogno di racimolare le residue energie e offrire una prestazione di concentrazione e ardore lunga 80 minuti, con il minor numero di sbavature possibili.
L’Italia ha bisogno di un gioco tattico attento e di imporre la tassa del proprio valore fisico per costringere il Giappone a giocare meno palloni possibili, il più lentamente possibile. Senza possesso, messi sotto pressione, i nipponici hanno una difesa che fa acqua e che può essere attaccata soprattutto nello spazio. Un alto numero di calci contestabili da parte degli Azzurri può mettere in difficoltà un triangolo avversario non ineccepibile.
Sembra scontato dire che saranno decisive le fasi statiche, ma il Giappone ha una rimessa laterale estremamente competente, con Dearns e Leitch che possono mettere in difficoltà la touche azzurra. In mischia non è scontato il dominio azzurro, mentre se la Georgia ha banchettato con il drive non è detto che riesca a farlo anche un’Italia che non è poi così solida in quella circostanza.
Poiché sarà una battaglia a chi riuscirà a mettere più pressione agli avversari, a chi riuscirà a gestire il possesso e in quali zone di campo, le fonti del gioco hanno una rilevanza ancora più determinante che in altre situazioni.
Abbinando questo alla necessità di imporsi fisicamente e rallentare i possessi avversari, ecco che diventa evidente come sarà soprattutto il pack a dover fare la differenza, affidandosi alle caratteristiche dei suoi giocatori migliori in questo: Lorenzo Cannone, Giacomo Nicotera, Danilo Fischetti, Marco Riccioni.
È una sfida in bilico, difficile da pronosticare. Per gli Azzurri un ultimo sforzo per rendere questa stagione davvero fenomenale.
Lorenzo Calamai
Giappone: 15 Yoshitaka Yazaki, 14 Jone Nakaibula, 13 Dylan Riley, 12 Samisoni Tua, 11 Tomoki Osada, 10 Rikiya Matsuda, 9 Taiki Koyama, 8 Faulua Makisi, 7 Michael Leitch (C), 6 Amanaki Saumaki, 5 Warner Dearns, 4 Eishin Kuwano, 3 Shuhei Takeuchi, 2 Mamoru Harada, 1 Takayoshi Mohara
A disposizione: 16 Atsushi Sakate, 17 Takato Okabe, 18 Keijiro Tamefusa, 19 Sanaila Waqa, 20 Tevita Tatafu, 21 Shinobu Fujiwara, 22 Seungsin Lee, 23 Takuya Yamasawa
Italia: 15 Ange Capuozzo, 14 Louis Lynagh, 13 Nacho Brex, 12 Tommaso Menoncello, 11 Jacopo Trulla, 10 Paolo Garbisi, 9 Martin Web page-Relo, 8 Lorenzo Cannone, 7 Michele Lamaro (C), 6 Ross Vintcent, 5 Andrea Zambonin, 4 Niccolò Cannone, 3 Marco Riccioni, 2 Giacomo Nicotera, 1 Danilo Fischetti
A disposizione: 16 Gianmarco Lucchesi, 17 Mirco Spagnolo, 18 Simone Ferrari, 19 Federico Ruzza, 20 Manuel Zuliani, 21 Alessandro Garbisi, 22 Leonardo Marin, 23 Marco Zanon
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